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Un
Commento alla Legge Veronesi
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E'
vero che i ristoratori, gli hotel e il turismo ne ricaverebbero
un danno? Assolutamente no. Ricavano maggiori profitti.
La letteratura internazionale lo dimostra (con bibliografia):
clicca qui. E per
dare un'occhiata sull'argomento in redazione Gea-News
in italiano: clicca qui.
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di Massimo Peca, tecnico
igienista ASSL 6 Veneto
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Senza
dubbio, il disegno di legge del ministro Veronesi è un passo
avanti poiché introduce un divieto chiaro e generalizzato
per gli ambienti chiusi, ponendo fine a molti contenziosi
che generano giurisprudenza, in particolare per gli ambienti
di lavoro privati e pubblici.
Però,
per certi aspetti è troppo conciliante in particolare verso
una categoria dei “gestori” del divieto: quelli degli esercizi
pubblici di ritrovo.
Il
meccanismo applicativo è farraginoso e si ispira ad un modello
superato di pubblica amministrazione.
In
perfetto stile legislativo italiano, si è scelto di non modificare
le leggi esistenti (a cui però ci si ispira ampiamente), ma
di creare una nuova legge, generando anche dubbi sull’applicazione
di quanto prodotto finora. Io ho raccolto 80 tra norme legislative,
sentenze e progetti di legge sul fumo e sicuramente il mio
lavoro non è esaustivo.
Invece
di fare piazza pulita di tutto ciò, armonizzando e razionalizzando
l’esistente, Veronesi ha scelto di fare una nuova legge che
sicuramente sarà modificata dal Parlamento andandosi ad aggiungere
a quanto esiste già.
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I
commenti sono evidenziati in blu.
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Schema
di disegno di legge recante disposizioni organiche sul
divieto di fumare
Articolo
1. (Divieto di fumare)
1. E'
vietato fumare nei seguenti ambienti chiusi, pubblici
e privati, accessibili al pubblico:
a)
uffici pubblici e privati;
b)
strutture sanitarie, ivi compresi gli studi medici;
c)
scuole di ogni ordine e grado, ivi comprese le università;
d)
mezzi di trasporto pubblico e relative stazioni , ivi
comprese, quelle portuali e marittime ed aeroportuali;
e)
strutture destinate ad attività sportiva, ricreativa,
culturale, congressuale, di spettacolo e di ritrovo;
f)
esercizi commerciali, di ristorazione e qualsiasi altro
locale in cui si somministrano alimenti e bevande.
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Positiva
la lista, negativo il non ricorso a modifiche di
leggi già esistenti che prevedono, in gran parte,
tali divieti (vedi la mia raccolta normativa). Le
novità sono poche: “ambienti chiusi, pubblici e
privati”.
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2. Il
divieto di fumare si applica, altresì, negli ambienti
chiusi, non aperti al pubblico in cui si svolge attività
lavorativa.
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Buona la generalizzazione per
gli ambienti di lavoro. Ma, anche qui, vale il
discorso fatto prima. Sarebbe stato sufficiente
modificare il DPR 303/56, all’articolo 9.
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3. Lo
stesso divieto si applica nei locali chiusi di soggiorno
e di lavoro dell'amministrazione della difesa, delle
forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, diversi da quelli contemplati ai commi 1 e 2.
4. Con
Regolamento ai sensi dell'art. 17, comma 1 della legge
23 agosto 1988 n. 400 [1], su proposta del Ministro
della sanità, può essere aggiornato o modificato l'elenco
ambienti e dei locali di cui ai commi 1,2 e 3 -che per
loro caratteristiche oggettive determinano la possibile
prolungata e diretta esposizione dei non fumatori al
fumo passivo- ai quali estendere il divieto di fumare
ai sensi del presente articolo, precisando per ciascuno
di essi i parametri di afflusso di persone e di ventilazione
che comportano l'applicazione del divieto, ferma restando
in ogni caso l'applicazione dell'articolo.
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Qui,
mi pare, cominciano i primi “distinguo”. La possibilità
di estendere l’elenco degli ambienti in cui è vietato
fumare, cozza con la genericità delle descrizioni
già date di tali ambienti. Poi si entra nella vecchia
mentalità burocratica e di dettaglio per dare precetti
di tipo quantitativo che non possono mai essere
generali e quindi creeranno contenziosi legali di
difficile soluzione. La normativa europea è sempre
più l’applicazione di principi generali a cui ciascun
obbligato deve far fronte con soluzioni proprie,
ma lo scopo deve comunque essere raggiunto.
I
“parametri di afflusso” e di “ventilazione” sono
concessioni antiscientifiche ai settori del commercio
e simili, peraltro già disciplinate.
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5.
Nei locali in cui si applica il divieto di fumare è
obbligatoria l'apposizione di cartelli con l'indicazione
del divieto, delle relative prescrizioni normative,
delle sanzioni, del nominativo del soggetto cui spetta
vigilare sull'osservanza del divieto e dell'autorità
competente ad irrogare la sanzione.
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L’informazione
va bene, ma il duopolio “vigilante-irroratore”
mi lascia perplesso sulla effettiva applicazione
della legge e delle sue sanzioni.
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Articolo
2. (Aree per fumatori)
1. In
deroga al divieto di cui all'articolo 1, possono essere
istituite apposite aree riservate ai fumatori, da indicarsi
mediante appositi cartelli, che rispondano ai seguenti
requisiti:
a) rispetto
delle norme vigenti in materia di prevenzione degli
incendi e di igiene degli ambienti, nonché dei principi
contenuti nel decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626 [2] , e successive modifiche ed integrazioni
sul miglioramento della sicurezza e della salute dei
lavoratori nei luoghi di lavoro;
b) idonea
separazione fisica dagli ambienti ove vige il divieto
di fumare;
c)
adeguata
ventilazione e depurazione dell'aria mediante idonei
impianti.
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A
parte l’edilizia scolastica, non mi risulta ci siano
norme legislative sull’igiene degli ambienti. Mi
auguro che Veronesi si sia reso conto della sua
affermazione e quindi abbia letto quanto dice il
DLGS 626 a proposito degli agenti cancerogeni e
mutageni. Un articolo (del DLGS 626/94) esemplare
è il seguente:
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Art. 62. - Sostituzione e riduzione.
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1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un
agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro
in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un
procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato
non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente
alla sicurezza dei lavoratori.
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2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno
o mutageno il datore di lavoro provvede affinché
la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno
o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre che
ciò è tecnicamente possibile.
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3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile
il datore di lavoro provvede affinché il livello
di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più
basso valore tecnicamente possibile.
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L'esposizione non deve comunque superare il valore limite
dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis. (cioè:
benzene, CVM e poleri di legno - NRD)
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Ricordo
che il fumo di tabacco non deriva da un processo
industriale, ma da un comportamento delle persone.
Evitabilissimo. Pensiamo ad un cameriere, o una
commessa, esposta al fumo passivo dei clienti: il
datore di lavoro ha l'obbligo di vietare il fumo
in quanto "è un provvedimento tecnicamente possibile",
oppure di installare un impianto di ventilazione
meccanica che riduca quasi a 0 l'inquinamento da
fumo passivo. Quanto costa? Qual è la soluzione
economicamente più vantaggiosa per l'imprenditore?
Inoltre, quello che prima era un preciso dettato
normativo (vedi il decreto del ministero della sanità
del 18 maggio 1976) adesso diventa una serie di
aggettivi a cui dare un contenuto tecnico. Mi riferisco
agli impianti di ventilazione meccanica o di condizionamento
dell'aria. Tralascio la "depurazione" che per essere
tale sarebbe piuttosto costosa in quanto necessiterebbe
di una serie di trattamenti chimici che non credo
siano alla portata di un uso non industriale.
Brevemente, l'articolo 2 del decreto citato prevede
per gli impianti di ventilazione una immissione
di aria esterna di almeno 20 mc per persona e per
ora. L'articolo 3, relativo agli impianti di condizionamento,
dispone la sola immissione di aria esterna (quindi
nessun ricircolo) per una quantità minima di 32
mc per persona e per ora.
Come
si vede l'inapplicatissimo decreto (che segue le
norme tecniche internazionali) ha concretizzato
tali aggettivi, ma nel disegno di legge non viene
richiamato per niente, inoltre la legge 584 del
1975, a seguito della quale è stato emanato, Veronesi
vuole abrogarla. Perché?
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2. relativamente
ai locali di cui all'art. 1, comma 2 l'istituzione di
aree riservate per fumatori è definita a seguito di
contrattazione locale con le organizzazioni sindacali
e con gli organismi di rappresentanza del personale.
Limitatamente ai locali di cui all'art. 1, commi 2 e
3 dell'Amministrazione della Difesa, delle Forze di
Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco,
nonché per quelli compresi nelle aree di cui all'art.
23, comma 6 del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626, si provvede con le modalità stabilite con decreto
del Ministro competente di concerto con i Ministri della
Sanità, del Lavoro e della Previdenza sociale e della
Funzione pubblica, tenendo conto delle particolari esigenze
e delle disposizioni del decreto legislativo 25 maggio
1995, n. 195 [3].
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La
forza della legge diminuisce sempre più. Si demanda
ad una miriade di contrattazioni locali, molte delle
quali probabilmente non si faranno mai, l’istituzione
di aree per fumatori che dovrebbero essere decise
da imprenditori e sindacati. Una concessione che
non può avere nessun fondamento sanitario e che
comunque non vede la partecipazione di chi è tenuto
a far rispettare le leggi che tutelano la salute
dei lavoratori: i servizi di prevenzione e sicurezza
degli ambienti di lavoro delle ASL.
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Articolo
3. (Obblighi dei responsabili)
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1.
I soggetti preposti alla direzione della struttura pubblica
ovvero investiti della repsonsabilità della struttura
privata sono tenuti a:
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| a) curare
l'affissione dei cartelli indicatori dei divieti; |
| b) applicare
le norme per le aree riservate per fumatori; |
| c)
vigilare
sul rispetto dei divieti, direttamente o mediamente personale
a ciò delegato. |
| . |
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Articolo
4. (Sanzioni)
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| 1. La
violazione del divieto di cui all'art. 1 è punita con
la sanzione amministrativa del pagamento di una somma
da lire 50.000 a lire 300.000. All'accertamento
dell'infrazione ed alla verbalizzazione provvedono
i competenti organi di polizia, l'incaricato della vigilanza
limitatamente ai luoghi che rientrano nella disponibilità
della Pubblica Amministrazione, e il delegato del datore
di lavoro limitatamente ai luoghi di lavoro di cui all'art.
1, comma 2. |
| . |
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Un dubbio sui “competenti” organi di polizia.
Ancora poca chiarezza. Sarebbe stato sufficiente
dire “qualsiasi agente o ufficiale di polizia giudiziaria
o amministrativa”.
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2. La
violazione degli obblighi di cui all'art. 3 è punita
con la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma di lire 1.000.000 a lire 6.000.000. All'accertamento dell'infrazione
e alla verbalizzazione provvedono i competenti
organi di polizia e, laddove previsti da specifici ordinamenti,
gli organi di vigilanza preposti a ciascun settore di
competenza.
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Idem
come sopra. Eppoi, chi controlla il controllore?
Le sanzioni per i controllori non sono una novità.
Erano già previste dalla legge 584 del 1975 (ripresa
in più parti da questo disegno di legge). Quello
che manca è un resoconto annuale sull’attività di
vigilanza, da inviare alla Regione e al ministero
della sanità, come si fa da molti anni per l’ambiente,
gli alimenti e la sicurezza del lavoro (ARPA, ANPA
e ASL).
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3. La
competenza per l'irrogazione delle sanzioni in caso
di mancato pagamento
è attribuita alla Regione quando la proibizione di fumare
riguarda luoghi, locali o mezzi di trasporto di pertinenza
regionale. In tutti gli altri casi è competente il Prefetto.
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Questa
suddivisione di competenze produce solo difficoltà
di applicare la legge. Sarebbe molto più semplice
avere un'unica amministrazione pubblica a cui inviare
i verbali di chi non vuole pagare subito. La più
logica (già individuata dalla legge 584 del 1975)
mi sembra quella che si occupa della salute di tutti:
l’ASL, ed esattamente (ma è un eventuale “smistamento”
fatto internamente) il SISP e lo SPSAL (servizio
igiene e sanità pubblica e servizio prevenzione
e sicurezza ambienti di lavoro).
Mi
pare strano che un ministro della sanità non ci
abbia pensato.
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4. La
disciplina del procedimento relativo alla contestazione
ed alla notificazione delle violazioni, al pagamento
in misura ridotta, all'obbligo del rapporto e all'emissione
dell'ordinanza - ingiunzione è regolata dalle disposizioni
contenute negli articoli 14, 16, 17 e 18 della legge
24 novembre 1981 n. 689.
5. I
proventi delle sanzioni amministrative, compresi quelli
derivanti dal pagamento in misura ridotta previsto dall'art.
16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono attribuiti
alle Regioni o alle Province autonome territorialmente
interessate in base all'accertamento delle infrazioni
al divieto di fumare.
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Scarsissima
sensibilità di federalismo amministrativo: con la
soluzione ASL si risolve il problema alla radice.
Oltretutto, si incentivano i programmi antitabagismo
creando nuove entrate.
La
suddivisione a posteriori di fondi, crea sempre
problemi. Quando non prendono altre strade per motivi
contingenti. Ad ogni modo, l’affermazione “in base
all'accertamento delle infrazioni al divieto di
fumare” mi lascia molto perplesso. È un abbozzo
di raccolta dati per attività statistiche? O che
altro?
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6. I
soli proventi connessi ad infrazione accertate in locali
od ambienti di pertinenza dell'amministrazione dello
Stato da parte dei suoi dipendenti sono versati presso
la Sezione di Tesoreria provinciale territorialmente
competente - anche a mezzo di conto corrente postale
- al bilancio dello Stato, con imputazione al capo VIII,
capitolo di entrata 2301, con indicazione della causale
del versamento, per essere riassegnati alla corrispondente
unità previsionale di base del Ministero della Sanità
e destinati all'informazione e all'educazione sanitaria,
finalizzate alla prevenzione del tabagismo.
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Le
perplessità anzidette restano valide anche per questo
comma. L’informazione e l’educazione sanitaria sul
tabagismo è già prevista da altre norme legislative,
ad esempio dalla legge 52 del 1983, dal DPR 303
del 1990, dal DM 3 novembre 1995, ed altre. Non
si è mai visto niente di concreto.
Le
uniche azioni sostanziose sono quelle fatte negli
anni dalle ASL con i loro SERT (servizio recupero
tossicodipendenze) e SEPS (servizio educazione e
promozione della salute).
Per
fortuna la sanità è una delle cose completamente
regionalizzate. Veronesi vuole tornare indietro?
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Articolo
5. (Entrata in vigore)
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1.
Le disposizioni della presente legge - che non comporta
alcun nuovo onere finanziario a carico del bilancio
dello Stato - entrano in vigore il centottantesimo giorno
successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana.
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2.
Dalla stessa data è abrogata la legge 11 novembre 1975,
n. 584 [4], concernente il divieto di fumare in determinati
locali e su mezzi di trasporto pubblico.
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| Sull’abrogazione
della legge 584 ho già detto.
La
raccolta normativa citata nel testo, la può trovare
nel sito http://digilander.iol.it/assl6veneto
cliccando su "dipartimento di prevenzione", quindi
su "SPISAL".
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